TERZO TEMPO
di Stefano Meo
“Bisogna farlo crescere, questa volta si è voluto prendere una grossa responsabilità, peccato averla pagata caramente”. Eusebio Di Francesco ha scaricato sul baby Camarda la responsabilità del rigore fallito e, implicitamente, della sconfitta contro il Napoli. Il Lecce ha avuto la sua occasione contro i campioni d’Italia e l’ha sprecata in maniera ingenua, dilettantistica se vogliamo, mandando sul dischetto un 17enne inesperto e probabilmente troppo osannato e coccolato da ambiente e media. Il risultato ha ammutolito lo stadio: tiro fiacco, centrale, parata senza affanno per il gigante Milinkovic-Savic e addio sogni di gloria in campo e in tribuna tra le lacrime dello stesso ragazzo mandato allo sbaraglio con troppa superficialità. “Bisogna farlo crescere” ha aggiunto il tecnico ma non nella maniera sbagliata sottolineiamo noi gravandolo di eccessiva responsabilità in momenti decisivi e contro avversari di prima fascia. La serie A offre una sola occasione a partita, se la si fallisce qualcosa non va.
Affidarsi ad un ragazzino (di sicuro avvenire per carità) è già un azzardo per una squadra limitata a livello tecnico e incapace di produrre occasioni da gol come si converrebbe. Forse la società è stata ingolosita dalla formula del prestito: 75mila euro a presenza pagati dal Milan, proprietario del cartellino, che lievitano a 100mila in caso di gol realizzato. ‘Ci salviamo e guadagniamo’ in buona sostanza potrebbe essere la logica economica di stampo paesano in rotta di collisione con una realtà sotto gli occhi di tutti. Così fosse troverebbe giustificazione la passività, allenatore in primis, quando il ragazzo ingenuamente si è presentato sul dischetto col pallone sotto il braccio. “A pensare male si fa peccato ma spesso si indovina” Giulio Andreotti dixit. In tribuna molti hanno affondato le mani nelle tasche per gli congiuri di rito, la parte femminile ha toccato ferro, mentre in campo calma piatta su una panchina che, in una situazione delicata per una possibile svolta positiva del match, avrebbe dovuto dare indicazioni precise e perentorie affidando ad un giocatore esperto la responsabilità della battuta.
Al di là di questo soliti applausi, consensi in quantità industriale, sufficienze in pagella per Camarda sui soliti giornali locali secondo un copione standardizzato. Anche il Lecce di Eugenio Fascetti al suo primo campionato di serie A usciva tra gli applausi nel lontano 1884/85: spettacolo, agonismo, impegno, ma sempre sotto almeno di un gol dopo i 90’. Sappiamo tutti come è finita.

